Categories
Uncategorized

Manifesto per un soggetto politico nuovo

Non c’è più tempo
Oggi in Italia meno del 4% degli elettori si dichiarano soddisfatti dei partiti politici come si sono configurati nel loro paese. Questo profondo disincanto non è solo italiano. In tutto il mondo della democrazia rappresentativa i partiti politici sono guardati con crescente sfiducia, disprezzo, perfino rabbia. Al cuore della nostra democrazia si è aperto un buco nero, una sfera separata, abitata da professionisti in gran parte maschi, organizzata dalle élite di partito, protetta dal linguaggio tecnico e dalla prassi burocratica degli amministratori e, in vastissima misura, impermeabile alla generalità del pubblico. È crescente l’ impressione che i nostri rappresentanti rappresentino solo se stessi, i loro interessi, i loro amici e parenti. Quasi fossimo tornati al Settecento inglese, quando il sistema politico si è guadagnato l’epiteto di ‘Old Corruption’.

In reazione a tutto questo è maturata da tempo, anche troppo, la necessità di una politica radicalmente diversa. Bisogna riscrivere le regole della democrazia, aprirne le porte, abolire la concentrazione del potere ed i privilegi dei rappresentanti, cambiarne le istituzioni. E allo stesso tempo bisogna inventare un soggetto nuovo che sia in grado di esprimersi con forza nella sfera pubblica e di raccogliere questo bisogno di una nuova partenza. I due livelli – la democratizzazione della vita pubblica del paese e la fondazione, anche a livello europeo, di un soggetto collettivo nuovo, si intersecano e ci accompagnano in tutto il manifesto. Le nostre sono grandi ambizioni ma siamo stanchi delle clientele che imperversano, dell’appiattimento della politica su un modello unico, delle partenze che non partono. E poi, con la destra estrema che alza la testa in tutta l’Europa, si fa sempre più pressante lo stimolo ad agire, a non lasciare una massa di persone in balia alle menzogne populiste.

Oggi la sfera separata della politica in Italia, ‘il palazzo’ per intenderci, non rappresenta affatto parti intere del paese: le persone giovani, specialmente del Sud e donne, che non trovano sbocco ai loro sogni e ai loro percorsi educativi; le operaie e gli operai, che vedono giorno dopo giorno minacciati i loro diritti dentro la fabbrica, le commesse e i commessi intrappolati nella catena della distribuzione, i ceti medi del pubblico impiego, quelli della scuola, della sanità, dell’ amministrazione pubblica, che in questi anni sono stati tartassati e disprezzati; i giovani precari, spesso super-qualificati, vittime di una flessibilità selvaggia neoliberista inizialmente introdotta dal centro-sinistra che ha tolto loro dignità e futuro, la rete dei microproduttori e del cosiddetto lavoro autonomo di seconda generazione entrata in crisi con la recessione. Tutti questi elementi possono mobilitarsi nella società per poi trovare nel palazzo solo un muro di gomma o un ascolto distratto. E’ ora di spezzare questi meccanismi perversi. Al loro posto proponiamo un nuovo percorso in cui i cittadini riescano ad appropriarsi, attraverso processi democratici diversi, del potere di contare e di decidere.

La ‘poesia pubblica’, per utilizzare la frase del poeta americano Walt Whitman, deve entrare nella storia della Repubblica. E lo farà quando un gruppo sempre più grande di cittadini (donne ed uomini) qualificati, informati e attivi decideranno di farne la loro bandiera.

A. Diffondere il potere, non concentrarlo.
Oggi le decisioni sono sempre prese altrove – non a livello comunale ma regionale, non nel parlamento romano ma a Bruxelles, non a Bruxelles ma a Francoforte, non alla BCE ma dai ‘mercati’, strane creature che vivono solo di giorno ma che decidono tutto lo stesso, sia per il giorno che per la notte. Il nostro compito è di frenare per quanto possiamo questa fuga decisionale verso l’alto, l’inspiegabile e l’astratto. Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non’ localistica’), espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro. Il comune è uno di questi. Carlo Cattaneo, una delle più belle ed inascoltate voci del nostro Risorgimento, nel 1864 descrisse il comune come ‘la nazione nel più intimo asilo della sua libertà’. E aggiunse, con un pizzico di amarezza: ‘pare che fuori di codesto modo di governo la nostra nazione non sappia operare cose grandi’. Ridare spazio e poteri ai comuni, e metterli in contatto tra di loro sarebbe già in sé una ‘cosa grande’. La Rete dei comuni per i beni comuni punta in questa direzione, verso una valorizzazione profonda dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati. E punta anche ad agire dal basso verso l’alto, costituendo una sede congeniale per proposte da sottoporre alla Commissione Europea ai sensi del Trattato di Lisbona e del reg. UE n.211/2001. Si pensi, per esempio, al progetto di una ‘Carta Europea dei Beni Comuni’, così come deliberato dal Comune di Napoli, mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell’Unione e fronteggiare la dimensione puramente mercantile (market oriented) del diritto comunitario. In questo modo il potere locale riesce ad aggregarsi, a contare a livello nazionale, a diventare forza anche transnazionale ma sempre quale attuazione di un indirizzo politico espresso dal basso e soprattutto dalla cittadinanza attiva.

Non basta. Il comune è un’istituzione costituzionale, non un’aggregazione di una certa tendenza politica. Un soggetto politico nuovo dovrebbe impegnarsi su tanti terreni, sia dentro le istituzioni che fuori, cercando sempre di coniugare fra di loro livelli diversi della democrazia: quella rappresentativa, quella partecipativa e quella di prossimità. In prima istanza esso dovrebbe interagire con le forze e movimenti della società civile. Essi agiscono per una grande varietà di motivi – in nome dell’ambiente, in difesa dei diritti dei lavoratori, per la legalità e contro la criminalità organizzata, per la dignità e la parità delle donne – in un mondo (e un mondo di lavoro) ancora profondamente patriarcali. Nel rapporto tra i generi l’eguaglianza non può limitarsi alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma diviene un processo in grado di sovvertire l’esistente. Chi vive una situazione di ineguaglianza non può limitarsi a voler essere uguale a chi si ritiene superiore o più potente, al contrario aspira al superamento dei vecchi modelli.

Tutte queste istanze della società civile sottolineano giustamente la loro specificità e autonomia; molte insistono anche sull’informalità e spontaneità delle loro strutture. Ma allo stesso tempo tutte hanno un bisogno disperato di connettersi fra loro e con le sedi decisionali, di presentare i loro punti di vista nelle istituzioni e di riformare quelle istituzioni stesse. Si cerca un nuovo tipo di relazione politica: che forma potrebbe mai assumere una volta che ci si rende conto dell’inadeguatezza del sistema attuale della rappresentanza?

B. Il nuovo spazio pubblico della democrazia
A metà dell’Ottocento John Stuart Mill era convinto che il nuovo sistema rappresentativo garantisse a ‘tutte le voci ‘ del Regno di farsi sentire nel parlamento. La storia gli ha dato torto. Anche in virtù della deriva maggioritaria, i parlamenti si sono sempre più allontanati dal paese reale, e sempre più i parlamentari rappresentano, in primo luogo, se stessi. La democrazia rappresentativa ha bisogno, dunque, sia di una sua riforma interna in senso proporzionale, sia di essere arricchita da nuove forme di democrazia partecipativa. Ciò che vale per il sistema politico nazionale è ancora più vero per i partiti in cui la democrazia ha sempre fatto fatica ad imporsi. La teoria che sottende ai cambiamenti deve essere resa esplicita: il sistema rappresentativo è l’unico che garantisce la partecipazione di tutti i cittadini in condizioni di voto segreto. Esso gioca di conseguenza un ruolo insostituibile. Ma per affrontare l’attuale crisi deve essere associato alla democrazia partecipativa E il punto cruciale riguardante il rapporto tra i due risiede nel fatto che l’attività costante della partecipazione alimenta e garantisce, stimola e controlla la qualità della rappresentanza e la qualità della politica pubblica.

In altre parole è emersa in questi ultimi anni una domanda esplicita di rottura che ha al suo centro una nuova percezione dello spazio pubblico, che non può essere ridotto né all’attività, sempre più degradata, dei partiti, né ai codici di per sé privatistici, del “mercato”. Tra i cittadini è cresciuto il desiderio di riappropriarsi di ciò che è comune, non solo beni ma anche processi. La democrazia si allarga e diventa più inclusiva: delle nuove forme di partecipazione dei cittadini, della gestione dei beni comuni, della società civile che interagisce, in piena autonomia, con una sfera politica che si apre alla cittadinanza invece di chiudersi come un riccio.

Processi di questo tipo cambierebbero in positivo anche il delicato rapporto tra privato e pubblico. Nei decenni del neoliberismo abbiamo assistito al trionfo del privato, declinato in vari modi: consumismo, chiusura nell’interesse personale, familismo, evasione fiscale; ma anche, sul versante opposto, solitudine, frammentazione, esclusione. Sarebbe ora di riattivare e riapplicare quella rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne degli anni ’60 e ’70: ‘il personale è politico’. Le persone, uomini e donne, devono riflettere sul loro ‘privato’ – i loro valori, consumi, strategie individuali e familiari. Questa riflessione ha rilevanza per lo spazio pubblico di più grande emergenza – l’ambiente. Una visione ecologica del mondo incentrata sui beni comuni richiede una trasformazione qualitativa e relazionale del rapporto tra spazi pubblici e privati, così da perseguire la giustizia ambientale e sociale. I destini del pianeta non possono essere affidati esclusivamente ad interessi individualistici, guidati dal tasso di profitto a breve termine e dalla negazione della dignità del lavoro. In coerenza con una visione ecologica del mondo incentrata sui beni comuni, occorre invece coniugare i doveri e i diritti, per costruire relazioni equilibrate per l’insieme della collettività.

Troppe volte la ‘partecipazione’, come viene praticata dai partiti ansiosi di dimostrare la loro disponibilità e la loro ‘modernità’, ha assunto il volto dello ‘sfogatoio’, con assemblee caratterizzate da un confusionismo generale. Occorre invece uscire da questa mistificazione della sovranità popolare, e allo stesso tempo destrutturare una sovranità popolare totalmente fondata sulla delega. Occorre trasformare il livello prepolitico della partecipazione in diritto alla democrazia. Possiamo infatti mutuare i principi della Convenzione europea di Aarhus – legge dello Stato a partire dal 2001. La Convenzione, attraverso l’istituto della partecipazione, riduce la discrezionalità delle scelte politico-amministrative, obbligando le istituzioni a prendere in considerazione le istanze partecipative e ad argomentare in maniera più circostanziata le proprie decisioni.

In questo senso il Laboratorio Napoli “Per una Costituente dei beni comuni” prevede sedici consulte divise per macro-aree che si interfacciano con i singoli assessorati attraverso il ruolo dei facilitatori. L’informazione deve costituire il presupposto per una reale partecipazione. Il processo partecipativo è normato e calendarizzato, la sua violazione può determinare l’annullamento degli atti amministrativi. Ciò rende certo il processo evitando forme fasulle e confusionarie della partecipazione, ponendosi come un esempio del necessario connubio tra rappresentanza e partecipazione.

Un altro esempio di partecipazione, disegnato per la consultazione di un grande numero di cittadini, è il referendum on line che, preceduto dalla necessaria dispensa di informazione bi-partisan, può portare alle decisioni in tempi rapidissimi.

Un altro ancora viene chiamato PARTY (partecipazione attiva riunendo tavoli interagenti). E’ un metodo ispirato a due fra i più diffusi (Town meeting e Open Space Technology), che permette di discutere e decidere insieme sia su questioni locali che nazionali. Un’assemblea, ad esempio, viene divisa in tavoli di dieci-quindici persone ciascuno. I/le partecipanti, che possono non conoscersi affatto, affrontano i temi a loro sottoposti. Per ogni tavolo si sceglie una persona per facilitare il dibattito, un’altra per prendere appunti. Dopo una lunga e informata discussione in un arco di tempo prestabilito, ogni tavolo cerca di esprimere nel report un’opinione collettiva che può anche comprendere proposte diverse. Alla fine, una sintesi di tutto il lavoro svolto viene presentato alla plenaria. L’interazione tra chi partecipa ai tavoli e la possibilità di essere praticata a costi contenuti e con un uso ottimale delle tecnologie informatiche, costituiscono un pregio particolare di questo tipo di democrazia partecipativa.

Di tutte le forme di democrazia partecipativa, quella iniziata nella città di Porto Alegre in Brasile rimane una delle più convincenti, e per tre ragioni principali: la prima perché la partecipazione è calendarizzata, con un forte senso di continuità temporale durante l’anno, non limitata a una singola occasione. La seconda perché prevede un gran numero di luoghi e livelli di partecipazione, dagli incontri di strada (street meeting) di gennaio al Consiglio di bilancio in settembre, alla solenne adozione del bilancio partecipativo da parte del consiglio municipale e del sindaco a fine anno. E la terza perché è un processo, non un momento, che contribuisce così alla formazione di un prezioso capitale per qualsiasi democrazia – gruppi crescenti di cittadini informati, attivi e con idee chiare su che cosa costituisce una cultura democratica. Dobbiamo trovare, declinando in più di un modo la democrazia partecipativa, la forza per portare avanti una vera rivoluzione culturale fatta di trasparenza e responsabilità.

C. Forme e pratiche di una nuova aggregazione
La degenerazione degli attuali partiti politici oscura e mortifica gli ideali di molte persone che, soprattutto a livello di base, vi militano in buona fede e con generosità. La volontà di partecipazione, di “far da sé”, di riprendere in mano il bandolo del discorso pubblico, richiede invece un modello di pratica e di organizzazione politica radicalmente altro rispetto a quello formatosi nel lungo ciclo novecentesco. Non possiamo più accettare un modello incentrato sulla stretta identificazione di “sfera pubblica” e di “sfera politica” con un tendenziale primato della seconda sulla prima, in quanto luogo di espressione della “forma partito” intesa come unico soggetto dotato di voce e legittimazione.

I nostri Costituenti, nello scrivere l’art. 49, avevano immaginato i partiti come luoghi di mediazione, corpi intermedi fra società e istituzioni politiche. Luoghi nei quali potesse formarsi e organizzarsi il consenso. Ma il principio costituzionale che i partiti devono concorrere “con metodo democratico” alla vita politica nazionale, è stato realizzato solo parzialmente, in riferimento alle relazioni esterne dei partiti. In realtà s’immaginava che il metodo democratico dovesse valere soprattutto nel funzionamento interno dei partiti, sulla base di principi quali la solidarietà, l’eguaglianza, la pari dignità, la trasparenza. Una volontà velocemente disattesa da un sistema politico che si è progressivamente organizzato con strutture opache, piramidali, fortemente escludenti.

I partiti politici attuali sono così diventati organizzazioni completamente anacronistiche rispetto ad un modello di democrazia che non può più esaurirsi nella rappresentanza e nella delega. Il fondamento giuridico leggero che li intende quali libere associazioni di cittadini non riconosciute (Codice civile) risulta paradossale. Essi incredibilmente si trovano nella posizione di godere da un lato di tutti i benefici di un soggetto privato, dall’altro di avere accesso ad ingenti risorse pubbliche. Un mostro a due teste che si appella al diritto di riservatezza, proprio dei soggetti privati, mentre vive di risorse pubbliche in una dimensione opaca, espressione di corruzione e perversa contaminazione di interessi pubblici-privati.

Noi vogliamo invece affermare l’interpretazione autentica dell’espressione “metodo democratico”, vogliamo un soggetto politico che, oltre i partiti, sappia muovere dai fondamenti costituzionali per creare nuovi modelli di partecipazione politica, fondati sulla passione, la trasparenza e l’altruismo.

In primo luogo il soggetto nuovo, nelle sue regole e pratiche, dovrebbe mettere l’accento sull’inclusione. L’immagine dei partiti arroccati ai propri privilegi e separati dal resto della società, dediti all’hollowing out, allo svuotamento della democrazia – sempre più potere nelle mani della leadership, sempre meno democrazia interna, sempre meno iscritti (Peter Mair) – dovrebbe cedere il passo a un’altra, totalmente diversa, basata sull’allargamento dello spazio pubblico della politica, non sulla sua restrizione. Dentro questo spazio, non più separato dalle istanze della società, si muoverebbe una pluralità di attori politici nuovi. Si passa così dall’esclusione verticistica (il tesserato come spettatore passivo degli show dei suoi leader) all’inclusione orizzontale: il cittadino come agente in una struttura basata su regole democratiche. La struttura del nuovo soggetto non sarebbe piramidale ma confederale, senza un centro ‘nazionale’ fisso ma con un coordinamento itinerante e a rotazione che si sposta regolarmente da regione a regione. I singoli individui si aggregano in modo egualitario sia alla sfera della discussione e della decisione, sia a quella dell’azione, ognuno nei limiti delle sue possibilità e delle sue disponibilità di tempo. A tutti i livelli cerchiamo le forme politiche che consentiranno realisticamente la possibilità di confrontarsi e decidere insieme (vedi sopra nel paragrafo B). Ci interessa un luogo dove si sperimentino pratiche fondate sul “potere di” piuttosto che sul “potere su”.

Il “soggetto nuovo” nascerà da un’istanza diametralmente opposta a quella che ha guidato quasi tutti i processi organizzativi novecenteschi. Organizzarsi, secondo quel modello significava unificare gli identici, raccogliere in un unico contenitore (modellato gerarchicamente sulla struttura statale) gli “omogenei” – coloro che condividono gli stessi valori, gli stessi linguaggi, gli stessi ideali, gli stessi interessi e gli stessi luoghi. Crediamo invece che organizzare, oggi, voglia dire mettere in connessione le diversità: culturali, etniche, linguistiche. Inventare la forma della convivenza in un mondo e in una società in cui quello che era distante e separato tende a convergere e intrecciarsi. L’organizzazione politica dovrebbe essere il grande laboratorio in cui si inventano e si forgiano i nuovi linguaggi di un dialetto universale in grado di superare la separatezza Una politica che sappia emanciparsi dalla coppia schmittiana “amico-nemico”. Che sappia trovare la propria “essenza” non nell’esclusione reciproca (e nel conflitto tra identità chiuse e separate) ma nell’inclusione e nella contaminazione-connessione-ibridazione tra identità.

Una serie di regole semplici e condivise che in questi anni sono diventate patrimonio comune determineranno il comportamento del nuovo soggetto nelle istituzioni e fuori di esse. Adozione di un codice etico e dunque politico nella ricerca e accettazione dei finanziamenti, rifiuto della gestione clientelare di risorse e consulenze, primarie per la selezione dei candidati o assemblee partecipate nei piccoli comuni, limiti e vincoli di mandato, rotazione negli incarichi di direzione, trasparenza nell’uso delle risorse. La vita interna del nuovo soggetto si baserà anch’essa su alcune semplici regole di base: prendere le decisioni ricercando in modo prioritario il massimo consenso possibile; quando occorre procedere al voto con il sistema “una testa un voto”, unire il rispetto delle decisioni maggioritarie con la salvaguardia dei diritti delle minoranze, possibilità per tutti di votare in modo regolare e segreto. Nelle riunioni del nuovo soggetto, considerazioni di genere devono assumere un posto di massima importanza: nessuna tolleranza per i soliti maschi accentratori. Tempi stretti di intervento, ascoltare ciascuno/a e fare in modo che ciascuno/a parli, report tempestivi delle riunioni.

La chiave della vita interna dovrebbe essere la prevenzione insieme all’invenzione: prevenzione di tutte quelle forme di burocratizzazione e di oligarchia che hanno sempre caratterizzato i partiti socialdemocratici (per non parlare di quelli democristiani), un’invenzione che si nutre di una partecipazione dal basso sempre più formata politicamente: negli ultimi anni, tante delle persone coinvolte nelle campagne referendarie e in mobilitazioni simili si sono informate, studiando, sostituendosi così ai partiti nelle proposte di nuove politiche. La formazione, ormai assente nelle strutture partitiche (con gravi danni non solo a livello nazionale, ma anche nelle amministrazioni locali, con politici sempre più ignoranti) è un terreno su cui ritornare a impegnarsi. Più estesa la scala, più arduo diventa il nostro compito. In ogni caso la nuova democrazia deve camminare mano in mano con l’efficacia. Oltre al come si decide, diventa importante come si funziona. E’ del tutto inutile rimpiazzare la repubblica delle banane o quella dei “tecnici” con una delle chiacchiere.
Lavoriamo per stemperare, rendendolo dinamico, il confine fra le persone che partecipano a campagne e gli iscritti. Pensiamo ad allargare il potere decisionale a tutti, attraverso consultazioni vincolanti tramite voto referendario e primarie, per la materia elettorale e non solo.

D. Comportamenti e passioni
Le regole formali, preziose e insostituibili, non sono sufficienti. Ad esse va associata la lenta ma costante creazione di una cultura profondamente diversa. Per troppo tempo abbiamo scelto di escludere dal campo della politica qualsiasi riflessione sulle passioni e sui comportamenti individuali. Un esempio fra tanti: la cultura della pace. Siamo bravi a predicare la non-violenza a livello internazionale ma molto meno a praticarla come virtù sociale. Le relazioni tra di noi nella sfera pubblica politica rimangono piuttosto primitive, senza alcun guida. Anzi. Abbiamo accettato fin troppo facilmente che la nostra pratica politica sia intrisa della violenza e della competitività, una forma di ‘neo-liberismo interiorizzato’. Superare una cultura così longeva e insidiosa non è questione di una stagione politica. Ma riconoscere la legittimità del tentativo è già un grande passo in avanti.

Quando parliamo delle passioni e delle emozioni viene in mente primo di tutto un discorso sul loro governo. Tante volte consentiamo che siano le passioni negative – l’invidia, l’odio, l’orgoglio, l’ira – e i comportamenti sociali che ne derivano – la rivalità, la voglia di sopraffare, il perseguimento dei propri interessi in modo esclusivo – a guidare le nostre azioni. E spesso lo facciamo con una grande inventiva, rappresentando i dissidi come ‘differenze oggettive ’, negando con veemenza le loro origini soggettive. Questo approccio rende la sfera pubblica politica paragonabile a una grande giungla preistorica, dominata da ‘ego-mostri’ – politici moderni gonfiati dall’attenzione incessante dei media. Un primo passo, dunque, verso una nuova politica in questo campo sarebbe un discorso centrato sul governo e sull’autogoverno delle passioni, l’invito forte all’autodisciplina, la produzione di un codice di comportamento.

Soprattutto dobbiamo negare spazio a una delle passioni più dannose – il narcisismo. Siamo stufi di leader narcisi e non vogliamo semplicemente affidarci a figure carismatiche, incoraggiate al massimo dalla moderna personalizzazione della politica. Non sopportiamo il protagonismo sfrenato e l’auto-compiacimento senza fine. Se il nuovo soggetto politico venisse concepito come veicolo per una leadership che si presenta in questo modo, avrebbe poca possibilità di crescere e fiorire.

Le passioni non esistono però solo per essere governate. Una seconda riflessione invita al superamento della classica contrapposizione tra ragione e emozioni, la prima vista come positiva e civilizzante, le seconde giudicate negative e primitive. Certe emozioni e i comportamenti sociali che ne derivano costituiscono invece una risorsa preziosissima per la sfera pubblica politica: la compassione e la gioia, l’amore e la speranza, la generosità e il rispetto per gli altri. Non cerchiamo una nuova sfera politica di auto-abnegazione e di sacrificio, in cui l’individuo si annulli a servizio della causa comune. Cerchiamo invece l’autorealizzazione individuale in un contesto collettivo radicalmente nuovo, all’insegna dell’eguaglianza. Sarebbe interessante sperimentare di più il sentimento dell’empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni dell’altra/o, in termini non solo personali ma politici, praticando quella “salda comunanza” (Martha Nussbaum) che esalta le facoltà tipicamente umane di scelta e di socialità.

Tutto questo può trovare una prima verifica nella sfera della micro-politica, la cultura sottostante e di supporto alle regole formali e alle grandi riunioni nazionali. E’ qui che i partiti politici tradizionali danno il peggio di sé. Abbiamo visto dirigenti dei partiti venire alle riunioni e poi leggere ostinatamente i giornali finché non è il loro turno di parlare o quello di un altro dirigente (rivale). Abbiamo visto ovunque i tipici atteggiamenti maschili – non solo di uomini – per cui ci si preoccupa solo del proprio intervento, poi si riaccendono i cellulari e ci si mette a chiacchierare in fondo alla sala. Tutti arrivano in ritardo: più importante sei, più in ritardo arrivi. Tutto l’impasto di una riunione o di un’assemblea assume l’aspetto livido di una contusione, di una profonda e persistente ferita alla democrazia. Da quel terreno cosa può scaturire di nuovo o di buono?

A livello di micro-politica un soggetto nuovo metterebbe invece l’accento su un modo di comportarsi radicalmente diverso, all’insegna dell’eguaglianza e della cooperazione fra generi, della capacità di ascoltare, della puntualità, dell’incoraggiare alla partecipazione i più timidi o chi ha meno esperienza. Ritroverebbe una fisicità della politica oltre le reti virtuali di Internet, avrebbe attenzione alla massima circolazione dell’informazione interna e cura che i nuovi partecipanti non si sentano “ospiti”, ma protagonisti alla pari degli altri. A predominare sarebbero le virtù sociali della mitezza e della fermezza. Il mite, scrive Norberto Bobbio, ‘è l’uomo [donna] di cui l’altro ha bisogno per vincere il male dentro di sé’. Alle sue qualità intrinseche ne viene aggiunta un’altra – quella della fermezza, la capacità di non cedere, come ci ha insegnato Gandhi, ma di insistere con pacatezza. Così la cultura politica nuova si distanzia mille miglia da quella classica del Novecento, basata com’era in grande parte sul machiavellismo, sulla realpolitik, sulla furbizia e l’autoreferenzialità.

Per concludere:
quattro nodi radicali e di rottura per un soggetto politico nuovo e una proposta

Si rompe con il modello novecentesco del partito, introducendo nuove regole e pratiche: trasparenza non segretezza, semplicità non burocrazia, potere distribuito non accentrato, servizio non carrierismo, eguaglianza di genere non enclave maschili, direzione e coordinamento collettivo e a rotazione, non di singoli individui carismatici.
Si rompe con questo modello neo liberista europeo che vuole privatizzare a tutti i costi, che non ha alcuna cultura dell’eguaglianza, che minaccia a morte lo stato sociale, la dignità e sicurezza del lavoro. Si insiste invece sulla centralità dei beni comuni, la loro inalienabilità, la loro gestione democratica e partecipata.
Si rompe con la visione ristretta della politica, tutta concentrata sul parlamento e i partiti. Si lavora invece per un nuovo spazio pubblico allargato, dove la democrazia rappresentativa e quella partecipata lavorano insieme, dove la società civile e i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati.
Si riconosce l’importanza della sfera dei comportamenti e delle passioni, rompendo con le pratiche mai esplicitate ma sempre perseguite dal ceto politico attuale: la furbizia, la rivalità, la voglia di sopraffare, il mirare all’interesse personale. Al loro posto mettiamo l’inclusività, l’empatia, la mitezza coniugata con la fermezza.
Una proposta:
Il futuro di questo manifesto, del progetto di radicale rinnovamento della soggettività politica che esso propone, è nelle mani di tutti e tutte coloro che lo desiderano attivamente. Si può iniziare dall’impegno a promuovere incontri, inventare momenti partecipativi e occasioni di confronto fondate su una comune condizione sociale o sul radicamento attivo nei territori. Una mobilitazione diffusa e connessa, che non imponga esclusività di appartenenze e che si ritrovi poi in un primo appuntamento nazionale.

Inoltre si può pensare che sia positiva la presenza alle elezioni amministrative di liste di cittadinanza politica che prendano a riferimento e contribuiscano a costruire questo progetto nazionale. Una rete orizzontale di rappresentanza che sia radicata nei territori e connotata dagli elementi di metodo prima indicati: democrazia, governo partecipato dei beni comuni, etica, nuova cultura delle relazioni. Non si tratta di aggiungere sigle contro tutto e tutti, né di sommare esperienze locali che restano locali, tanto meno di chiudersi nel recinto di una radicalità ideologica.

Vogliamo costruire un soggetto che determini una trasformazione complessiva, costruisca anche alleanze e mediazioni ma con l’ambizione tutt’altro che minoritaria di mettere in campo un’altra Italia. Di lavorare per un’altra Europa.

Categories
Uncategorized

Statuto

Potete scaricare il pdf dal link sottostante

Statuto essenziale di Alba e Codice Etico
Ne riportiamo il testo completo di seguito

STATUTO ESSENZIALE di A.L.B.A.
PREAMBOLO
In sintonia con quanto contenuto nel “Manifesto per un soggetto politico nuovo”, il presente Statuto è da considerarsi uno strumento transitorio che permette di regolare le adesioni ad A.L.B.A e, alle persone aderenti, di affrontare con poche regole ed indicazioni una fase costituente che si doterà via via di strumenti e pratiche più efficaci, ideate,
sperimentate e approvate collettivamente.

PARTE PRIMA
PRINCIPI GENERALI
A.L.B.A. (ALLEANZA PER IL LAVORO, I BENI COMUNI E L’AMBIENTE) è un Soggetto Politico Nuovo, costituito in un’Associazione di donne e di uomini, che intende rifondare la partecipazione democratica delle cittadine e dei cittadini alla vita della Repubblica e delle istituzioni internazionali di cui la Repubblica Italiana è parte, ponendo a
base della propria azione la Costituzione, la solidarietà del vivere in comune e la fratellanza tra i popoli.
A.L.B.A., facendo propri i principi ispiratori del “Manifesto per un soggetto politico nuovo”, da intendersi quale Manifesto costitutivo, concepisce la vita democratica come assunzione di responsabilità ed esercizio attivo dei diritti ed applica il principiofondamentale dell’articolazione democratica dei processi deliberativi. Partecipare ad
A.L.B.A. costituisce un impegno personale e collettivo.
A.L.B.A., per mantenere le promesse di civiltà contenute nella Costituzione italiana e per improntare il proprio agire politico alla pregiudiziale antiliberista, vuole riaffermare l’antifascismo e il ripudio della guerra, vuole ridare centralità alla laicità, al diritto fondante del lavoro, alla pari dignità nel riconoscimento delle diversità, all’ istruzione pubblica quale strumento fondamentale di crescita culturale, alla libertà e accessibilità dei beni comuni, contrastandone la privatizzazione, ad un reale rispetto dell’ecosistema di cui siamo parte, per realizzare una democratizzazione dello sviluppo, ai diritti umani ad oggi negletti.
A.L.B.A. incorpora in modo rigoroso e innovativo quanto prescritto dall’art. 49 della Costituzione per restituire la sovranità al popolo a cui appartiene attraverso un agire politico responsabile, capace di far emergere, con l’impegno collettivo, rappresentanti capaci e meritevoli che si pongano al servizio della comunità. Questo obiettivo è
realizzabile solo attraverso: a) la pratica della democrazia e del confronto con tutte le forze politiche e sociali che condividono questo principio b) l’individuazione di metodi nuovi per la selezione della rappresentanza, che deve avvenire secondo criteri di competenza, trasparenza e condivisione democratica c) il totale cambiamento della relazione fra rappresentanti eletti ed elettori, relazione che deve avere carattere strutturale e continuativo mantenendosi, secondo forme e tempi definiti, durante tutto il periodo di espletamento del mandato; d) la chiara individuazione e condivisione dei contenuti politici irrinunciabili e non negoziabili; e) la definizione di regole che garantiscano un reale ricambio dei rappresentanti.
A.L.B.A non intende costituirsi come partito politico tradizionale, ma come soggetto politico nuovo che catalizzi un ampio spettro di energie politiche volte a superare il neoliberismo. A tal fine, si apre alla ricezione di ogni tematica coerente con i suoi principi che richieda coordinamento ed organizzazione politica e prevede quindi la non esclusività
della partecipazione, consentendo a ciascun aderente ad A.L.B.A. di coltivare le istanze di altra esperienza politica che lo veda coinvolto.
A.L.B.A. agisce politicamente attraverso le procedure della democrazia rappresentativa, secondo forme di inscindibile e continuativa reciprocità e circolarità fra rappresentanti e cittadini, e attraverso ogni dispositivo di partecipazione non istituzionale ritenuto praticabile nella lotta democratica, rifiutando le logiche della violenza.

ART. 1 – ARTICOLAZIONE DEMOCRATICA DEI PROCESSI DELIBERATIVI
1) In piena coerenza con i suoi principi ispiratori e con le finalità della sua azione, A.L.B.A
vuol garantire:
a) l’effettiva partecipazione di tutte le persone aderenti;
b) l’adozione di “regole semplici e condivise”, in grado di limitare la complessità dei
processi decisionali e partecipativi senza pregiudicarne l’efficacia;
c) l’adozione di meccanismi e procedure interne idonei ad impedire la formazione di privilegi e la creazione di gruppi di potere. A tal fine, gli incarichi politici di A.L.B.A., ovvero gli incarichi di coordinamento e rappresentanza e gli incarichi che coinvolgono la definizione dei contenuti programmatici del soggetto politico, saranno temporanei,
basando il loro funzionamento su principi di alternanza, su “limiti e vincoli di mandato” e sulla “rotazione negli incarichi di direzione”;
Il limite massimo di permanenza consecutiva in organismi di coordinamento nazionale e territoriale di Alba e nelle cariche elettive istituzionali è di due mandati complessivi e non potrà superare un periodo massimo della durata di 10 anni.
Non è consentito occupare contemporaneamente due cariche elettive né carica elettiva più carica interna ad Alba;
d) il pluralismo delle idee e delle posizioni;
e) lo svolgimento di un dibattito interno libero, capace di individuare linee di intervento condivise e, in pari tempo, reversibili se si dovessero rivelare inefficaci;
f) la promozione del collettivo in quanto valorizzazione dell’individuale, come strumento fondamentale di trasformazione politica e personale;
g) il costante coinvolgimento dei cittadini, delle diverse soggettività politiche e di altre forze sociali, nell’individuazione delle proprie linee di azione, adottando modelli di partecipazione allargata oltre i propri confini che attuino i principi ispiratori di una reale democrazia partecipativa;
h) il carattere non gerarchico di tutti gli incarichi interni;
i) l’accessibilità di tutti gli atti e dei report interni agli iscritti che vogliano prenderne visione e l’apertura di tutte le riunioni, a qualsiasi livello, agli iscritti che richiedano di assistervi come uditori.
2) La promozione o la partecipazione a iniziative politiche, culturali e di lotta (inclusa la partecipazione alle competizioni elettorali e la definizione delle relative modalità), coerenti nei contenuti e nelle forme con le finalità e principi ispiratori di A.L.B.A., devono rispecchiare una volontà collettiva, espressa con metodo democratico all’interno dei Nodi Territoriali, delle Assemblee e dei Coordinamenti di Macroarea Territoriale e con l’utilizzo dei diversi strumenti disponibili, compresi quelli informatici.

PARTE SECONDA
ART. 2 – ORGANIZZAZIONE
1. Possono aderire ad A.L.B.A. le persone fisiche che abbiano compiuto il sedicesimoanno di età e condividano manifesto, statuto e codice etico. L’adesione avviene attraverso l’iscrizione in un registro telematico nazionale e la sottoscrizione di una tessera con il contemporaneo versamento della prevista quota associativa al nodo
territoriale di riferimento
2. A.L.B.A. si dota di una Struttura Territoriale organizzata in:
– Nodi Territoriali
Decidono autonomamente l’iniziativa politica e, privilegiando il confronto e la
relazione, si coordinano tra loro a livello di macroarea (metropolitana, provinciale o
regionale), agiscono e si organizzano a partire dai contenuti del Manifesto per un
soggetto politico nuovo, sulla base dei principi generali del presente statuto e del
codice etico. Eleggono con incarico annuale e non immediatamente rieleggibili 2
portavoce (una donna e un uomo) ciascuno dei quali sarà altresì referente presso il
Coordinamento di macroarea territoriale e, sempre con incarico annuale, eleggono
1 tesoriere. Il solo tesoriere è immediatamente rinnovabile.
Eleggono, di volta in volta, i loro delegati alla Assemblea Nazionale, preferibilmente
diversi dai referenti di nodo / portavoce (ed, eventualmente, affiancando a rotazione
delegati nuovi a delegati “esperti”). I delegati sono eletti in numero ponderato agli
iscritti (2 delegati -un uomo e una donna- fino a 30 aderenti, 2 delegati per ogni 50
aderenti successivi fino a un massimo di 6 -fermo restando il rispetto della parità di
genere-).
Ai fini dell’espletamento di compiti di servizio (convocazione riunioni, comunicazione
interna ed altro) i portavoce si avvarranno della collaborazione di una/un
appartenente al nodo con rotazione periodica dell’incarico.
Alla costituzione di un nodo, può procedere ciascun aderente ad A.L.B.A. mediante
la partecipazione all’attività di un nodo territoriale vicino che ne promuoverà e
riconoscerà la costituzione.
Ogni nodo così costituito formalmente verrà registrato in un Albo Nazionale. Nei Comuni in cui sono attivi più nodi territoriali, si costituisce un Comitato Comunale.
Ogni nodo e/o comitato comunale può decidere autonomamente, tramite assemblea degli aderenti, di quali strutture ulteriori dotarsi (comitato operativo, commissioni, responsabili comunicazione o altro…).
– Assemblee di Macroarea Territoriale
(metropolitana, provinciale o regionale)
Sono composte da tutte/i le/gli iscritte/i ai nodi territoriali dell’area. Discutono su temi di comune interesse dell’area e decidono quali iniziative politiche adottare.
Vengono convocate su richiesta del 20% degli aderenti e si riuniscono almeno 2 volte all’anno impiegando metodi e strumenti di democrazia partecipativa.
– Coordinamenti di Macroarea Territoriale
(metropolitana, provinciale o regionale)
Sono composti da 2 referenti per nodo territoriale dell’area di loro competenza e sono comunque aperti alla partecipazione delle/degli aderenti. Organizzano il proprio lavoro secondo regole condivise al proprio interno. Danno attuazione operativa alle iniziative politiche indicate dall’assemblea di macroarea alla quale si riferiscono, di concerto, se del caso, con i nodi direttamente interessati ai temi oggetto delle stesse. Eleggono, con rotazione annuale, 2 propri referenti (un uomo e una donna) quali componenti del Coordinamento Nazionale. Quando necessario, designano due portavoce (un uomo e una donna), con incarico annuale.

Gli Organismi Nazionali previsti sono:
– Assemblea Nazionale
E’ composta dai delegati eletti di volta in volta da ciascun nodo territoriale e si
riunisce almeno una volta all’anno. L’assemblea nazionale può essere richiesta dal
25% dei membri.
Elegge il Comitato Operativo Nazionale, il Collegio Tesoriere e il Collegio di
Garanzia.
Discute e decide le scelte politiche generali, sulla scorta di indicazioni e proposte provenienti dall’elaborazione dei nodi territoriali, e indica il contenuto delle proprie decisioni al Coordinamento Nazionale
– Coordinamento Nazionale
E’ composto da 2 referenti per ogni Coordinamento di macroarea. Discute e decide le azioni politiche nazionali emerse dalle decisioni dell’assemblea nazionale, sentiti i Coordinamenti di macroarea.
– Comitato Operativo Nazionale
E’ composto da 20 persone, distribuite equamente per genere e provenienza territoriale, elette dall’assemblea nazionale e nomina al proprio interno due portavoce (un uomo e una donna). Attua le azioni politiche nazionali decise dal Coordinamento nazionale e dall’Assemblea nazionale, tiene le relazioni politiche e sociali a livello nazionale e svolge ruolo di rappresentanza.
– Collegio tesoriere
Il Collegio Tesoriere è composto da tre persone e dura in carica 2 anni . É responsabile delle risorse economiche che affluiscano all’istanza nazionale. Il suo operato deve rispondere a criteri di assoluta trasparenza nella documentazione e nella gestione di tutte le entrate e le uscite degli Organismi Nazionali, oltreché
dell’amministrazione dell’ eventuale patrimonio di A.L.B.A.
– Collegio di garanzia
E’ eletto dall’Assemblea nazionale tra gli aderenti che non siano membri di alcun organismo nazionale. E’ composto da 5 membri effettivi e due supplenti e stabilisce le norme procedurali da adottare nell’esercizio delle proprie funzioni. Il collegio esamina i casi che gli vengono sottoposti dagli organismi territoriali o nazionali e decide in base ai principi fondamentali del presente statuto e del codice etico che ne è parte integrante.
3. E’ prevista la creazione di nodi tematici (snodi) a livello di macroarea o nazionali. Gli aderenti a questi “snodi”, per le deliberazioni e decisioni faranno riferimento al nodo territoriale di appartenenza.
4. Le decisioni all’interno degli organismi territoriali e degli organismi nazionali, vengono adottate con il metodo del consenso, o in caso di impossibilità a conseguirlo, con la maggioranza degli aventi diritto.
5. A.L.B.A. prevede l’apertura alla compartecipazione con soggetti collettivi comunque organizzati, ad esclusione dei partiti politici, che condividano i principi ispiratori e le cui finalità non siano in contrasto con statuto e codice etico di
A.L.B.A., al fine di favorire la più efficace azione di trasformazione della società attraverso iniziative e campagne politiche su obiettivi locali, nazionali e transnazionali.

ART. 3 COMPETIZIONI ELETTORALI
1. A.L.B.A. può presentarsi a ogni tipo di competizione elettorale (locale, nazionale ed europea) demandando la decisione all’organismo del livello territoriale interessato.
2. In tutti i casi di definizione di alleanze e di determinazione di piattaforme elettorali nazionali o locali, indipendentemente dalla maggioranza con cui sono state decise dal coordinamento nazionale o territoriale, è previsto un Referendum confermativo indetto tra tutte le persone aderenti ad A.L.B.A. del livello territoriale interessato.

NORME TRANSITORIE:
1. In via di prima applicazione, lo Statuto di A.L.B.A, nella presente formulazione di Statuto essenziale, è stato deliberato, il giorno 17 Novembre 2012, da un’Assemblea nazionale provvisoria, allo scopo appositamente convocata dal Coordinamento Esecutivo Nazionale istituito all’esito dell’Assemblea dei sottoscrittori del Manifesto costitutivo, il 28 aprile 2012. All’Assemblea nazionale provvisoria avevano titolo a partecipare tutte le persone che hanno sottoscritto il “Manifesto per un soggetto politico nuovo” in data anteriore di 10 giorni rispetto alla data di convocazione dell’Assemblea medesima.
2. Lo Statuto è stato approvato a maggioranza delle persone aventi diritto presenti.
3. La medesima Assemblea provvisoria ha eletto, sempre a maggioranza delle persone presenti, un Comitato Operativo provvisorio, composto di numero 25 persone che resterà in carica fino all’elezione di tutti gli organismi nazionali.
Numero 10 persone sono state individuate tra i componenti del Comitato esecutivo nazionale precedentemente operante al fine di assicurare continuità all’azione politica ed alla esperienza maturate.
4. L’ applicazione del presente Statuto essenziale è prevista per la durata di un anno dalla sua approvazione. Alla fine di questo periodo lo statuto sarà sottoposto a verifica per adottare le modifiche che si renderanno necessarie.
5. Dal 15 Dicembre 2012 verrà avviata la campagna di raccolta delle adesioni che avrà la durata di mesi quattro.
All’atto dell’adesione verrà rilasciata una tessera e un codice telematico per le votazioni on line e, da parte dell’aderente, verrà versata la quota minima annuale fissata in € 30 (di base), di cui un terzo andrà versato al tesoriere nazionale e i due terzi rimarranno nella disponibilità del nodo. Per studenti, precari e disoccuppati,
pensionati con reddito inferiore a mille euro, la quota minima è fissata in € 20.
6. Al termine della campagna di raccolta delle adesioni, le persone che risulteranno aderenti parteciperanno alle votazioni formali dei vari organismi territoriali e nazionali previsti dallo statuto, con le modalità ivi indicate.
7. Sulla scelta relativa alla partecipazione alle elezioni del 2013 si terrà un referendum, al quale parteciperanno tutte/i coloro che hanno sottoscritto il manifesto e i nuovi aderenti in data anteriore di 10 giorni alla sua indizione.

CODICE ETICO
Art. 1 – Le persone aderenti ad A.L.B.A. si riconoscono nella Costituzione repubblicana, arricchita del patrimonio ideale e culturale di tutti i movimenti che si sono battuti contro l’oppressione di classe, la discriminazione razziale e il colonialismo, contro la discriminazione di genere e sessuale e contro tutte le forme di sopraffazione e autoritarismo, in nome dell’uguaglianza e della libertà individuale, intese come condizione del pieno dispiegarsi della libertà di tutte e di tutti, in uno Stato improntato alla laicità. Si impegnano inoltre ad osservare i principi e le regole dello Statuto e ad adottare le pratiche di non violenza, mite fermezza ed empatia indicate dal “Manifesto per un soggetto politico nuovo”.
Art. 2 – L’osservanza del presente Codice Etico impegna tutte le persone aderenti ad A.L.B.A. e in particolare quelle elette ai vari livelli istituzionali e nei suoi organismi dirigenti. L’appartenenza alla comunità di A.L.B.A. è assolutamente incompatibile con quella ad associazioni illegali o segrete, così come indicato dalla Costituzione.
Art. 3 – Le persone aderenti ad A.L.B.A. agiscono sempre in conformità al principio di autoresponsabilità e ai canoni della massima apertura, attenzione e rispetto nei confronti delle posizioni e della condizione personale e sociale dell’interlocutore. Ispirano, inoltre, la propria condotta ad una regola di misura e sobrietà; praticano la solidarietà e la collaborazione nei rapporti con altre persone aderenti. Coloro che concorrono a, o rivestono una carica elettiva si impegnano alla massima trasparenza nei rapporti con le elettrici e gli elettori. Le persone aderenti ad A.L.B.A. nel costruire un ambiente caratterizzato dal dialogo e dalla tolleranza, dal rispetto delle diversità e delle corrette relazioni interpersonali, esercitano un costante impegno nell’opera di edificazione di una nuova etica pubblica improntata alla partecipazione democratica e alla tutela e promozione dei beni comuni.
Art. 4 – Le persone aderenti ad A.L.B.A., qualsiasi ruolo pubblico (politico o istituzionale) esse svolgano, si impegnano ad operare privilegiando in ogni occasione il servizio alla comunità rispetto al proprio personale interesse o a quello di altri a loro legati. In qualsiasi circostanza, ove si trovino ad avere interessi personali in conflitto con quelli del ruolo ricoperto, devono darne notizia al Nodo di appartenenza, astenendosi in ogni caso dal partecipare ad eventuali decisioni che riguardino detti interessi.
Qualora rivestano una carica istituzionale non possono essere presenti, neppure indirettamente, negli organi di governo di enti di qualsivoglia natura che perseguano scopi di lucro. Tale divieto si applica anche al caso del controllo diretto o indiretto esercitato su società, in base al possesso di azioni delle stesse.
Nel caso rivestano una carica elettiva o siano titolari, in seno alle istituzioni, di uffici esecutivi istituzionali, così come non abuseranno della potestà connessa alla loro carica, si impegnano a contrastare tutti i fenomeni di degenerazione oligarchica o clientelare e a denunciare ogni episodio di corruzione di cui vengano a conoscenza
Art. 5 – Le persone aderenti ad A.L.B.A., in caso di candidatura in competizioni elettorali ad ogni livello, si impegnano a svolgere la loro campagna elettorale rispettando la necessaria correttezza anche nell’osservare i tetti di spesa stabiliti e nel provvedere a fornire l’esatto rendiconto finale delle spese sostenute. Si impegnano, infine, ad evitare forme di pubblicità invasiva e non rispettosa dell’ambiente e del decoro urbano e, ove ricoprano cariche assunte in precedenza, a non avvalersi a fini di promozione elettorale di alcun mezzo o strumento istituzionale.
Art. 6 – Le persone aderenti ad A.L.B.A., elette in istituzioni rappresentative (Consigli e Assemblee legislative ) o facenti parte di organismi esecutivi ( Giunte e Governi ), si impegnano a svolgere con il dovuto rigore il mandato loro assegnato, astenendosi dal cumulare incarichi che siano di ostacolo ad un adeguato espletamento dello stesso. Si impegnano, inoltre, a fare uso responsabile delle risorse di cui abbiano la disponibilità in ragione del loro ufficio ed a rifiutare benefici di qualsivoglia natura in dipendenza dell’esercizio delle loro funzioni.
Art. 7 – Le persone aderenti ad A.L.B.A. e quelle che ricoprono cariche elettive, ove siano raggiunte da avviso di garanzia per qualsivoglia reato, devono al più presto informare il Collegio di Garanzia ed attenersi alla indicazioni dal medesimo impartite.
Art. 8 – L’osservanza del Codice etico è demandata agli organismi di garanzia così come indicato nello Statuto
Art. 9 – Il presente Codice etico fa parte integrante dello Statuto di A.L.B.A.e, come lo Statuto, entro un anno dalla sua approvazione sarà sottoposto a verifica e a eventuali integrazioni o modifiche che si rendessero necessarie e che saranno approvate collettivamente.